Se dovessimo paragonare questo anno fiscale 2019 ad uno sportivo, ed il prossimo CV Forum ci aiuta in tal senso, potremmo certamente paragonarlo ad un pugile, non so un Mike Tyson o un Muhammad Alì, vista la impressionante serie di uno-due che ci hanno colpito come dei montanti al volto in questi primi mesi dell’anno. La nostra professione si è vista investita da una gragnuola di novità contenute nel c.d. Decreto Semplificazioni, nel successivo Decreto Sblocca cantieri per arrivare al Decreto Crescita il quale ci ha assestato il proverbiale colpo del knock-out lasciandoci frastornati ed intontiti.
Ma esattamente quale è il contenuto di questi decreti? Ed esattamente in che modo impatteranno sulla nostra professione?
Da una lettura attenta del testo dei tre decreti emergono, al di là del mero tecnicismo di ciascuna singola norma, una serie di considerazioni che dovrebbero farci riflettere. In primis da una analisi della consecutio temporum delle norme emerge che il legislatore anziché confrontarsi prima con i massimi rappresentanti delle categorie professionali, la nostra in primis, e successivamente approvare i decreti legge, agisce in maniera esattamente opposta: prima approva il decreto legge (su tutti il decreto Legislativo 14 del 12 gennaio 2019 che ha estesamente riformato la normativa in materia di Crisi di Impresa) salvo poi tornare sui suoi passi di fronte alla pressoché unanime levata di scudi contro alcuni limiti posti alle aziende a al mondo delle professioni, che si vedono investite di responsabilità e di adempimenti che nulla hanno a che vedere con crescita e sviluppo.
In secundis emerge dalla lettura delle tre norme citate una miopia del le- gislatore il quale, ben lungi dal fare tesoro delle evidenti carenze emerse nel corso degli anni, pensiamo allo “strumento” degli Studi di Settore la cui efficacia è venuta meno con la crisi economica che ha investito il nostro Paese dal 2008, si limita ad un mero restyling di facciata di questi adempimenti che sortisce due effetti parimenti dannosi: non migliora in alcun modo la capacità di contrasto dei fenomeni di evasione delle imposte da un lato e introduce per imprese e professionisti un nuovo adempimento con tutti questi costi inevitabilmente connessi alle novità in materia fiscale.
Il Decreto Semplificazioni
Il decreto legge 135 del 14 dicembre 2018 è stato convertito nella Legge 12 dell’11 febbraio 2019 dando il via ad un iter di semplificazioni in ambito soprattutto tributario che gli è valso l’appellativo di “Decreto Semplificazioni”, nonostante le appena 104 pagine di cui è composto.
La prima novità riguarda la riapertura dei termini della cosiddetta dichiarazione/rottamazione ter ossia la possibilità per quei soggetti che non fossero in regola con i versamenti delle rate della rottamazione bis di poter comunque beneficiare della rottamazione di interessi e sanzioni e di poter “spalmare” il residuo su più rate. Un altro punto interessato da questo decreto è stato l’inserimento dell’aliquota IRES al 12% per i soggetti appartenenti al c.d. Terzo Settore nell’attesa che ulteriori novità dissipino le nebbie normative che da anni gravano sul Terzo Settore.
Sempre in tema di regime agevolativo il legislatore ha leggermente esteso la platea dei contribuenti che potranno usufruire del Regime Forfetario ed ha anche ridotto una piccola parte dei limiti alla sua opzione da parte, ad esempio, degli ex praticanti degli studi professionali che, una volta superato l’esame di stato ed ottenuta l’abilitazione, collaborano con i loro ex domini e si sarebbero pertanto visti escludere questa possibilità.
Sorvolerei sulla questione dell’ennesimo rinvio della restituzione del prestito ponte per Alitalia e glisserei anche sulla eterna liberalizzazione di NCC/Taxi che pur promessa da tutti non viene mai effettuata.
In pratica di semplificazioni non se ne vede nemmeno l’ombra: si tratta in sostanza ora di ennesime riproposizioni di misure già in essere, mi riferisco alla Rottamazione, che un po’ come la rivalutazione dei beni di impresa che ci viene riproposta da più di quindici anni rischia di diventare una misura permanente, ora di misure assolutamente inutili perfino per l’amministrazione finanziaria: sopprimere l’obbligo per i medici della fatturazione elettronica quando già la stragrandissima maggioranza delle fatture viene trasmessa al Sistema Tessera Sanitaria appare come una semplificazione del tutto ovvia e scontata.
Ma, dovendo immaginare un ipotetico tavolo di confronto con l’Amministrazione Finanziaria attorno al quale discutere di proposte, quali possiamo immaginare avrebbero proposto i vertici del mondo delle professioni? Proviamo a dare qualche risposta.
In tema di dichiarazioni fiscali potremmo immaginare che, dopo l’aumento vertiginoso di adempimenti cui i contribuenti sono stati costretti ad adeguarsi, sarebbe ora di ridurre, di semplificare o di eliminare tout court alcune dichiarazioni. Che senso e che utilità può avere, ad esempio in tema di ritenute d’acconto subite, avere la duplicazione di CU e di 770 che contengono sostanzialmente gli stessi dati e che non danno all’Amministrazione Finanziaria alcuno strumento in più in tema di evasione fiscale?
In tema di fatturazione elettronica ha ancora senso una dichiarazione IVA che contenga tutta una serie di dati relativi a operazioni attive, operazioni passive e crediti/debiti di imposta che già vengono comunicati periodicamente all’Agenzia delle Entrate? E tempi e denaro che contribuenti e professionisti spendono per le stampe di registri i cui dati sono già a disposizione presso l’Amministrazione Finanziaria sono ancora necessari al contrasto all’evasione o sono solo un costo che non serve a nessuno, a parte, forse, i rivenditori di toner per stampanti? E la tanto decantata fatturazione elettronica, cui a breve si aggiungerà la trasmissione elettronica dei corrispettivi, come si armonizza con l’arcaica e quasi medioevale prassi di “bollare” i libri sociali di tutte le società, anche quelle microscopiche che costituiscono la più parte del nostro tessuto produttivo? Non è che per caso abbiamo gli svantaggi di doverci adeguare al progresso tecnologico senza avere gli snellimenti di abbandonare timbri, ceralacca, pennino e calamaio?
Se passiamo poi all’attività di contrasto vera e propria dell’evasione fiscale, culminata con la introduzione del regime c.d. Forfetario di cui alla legge 190 del 2014 e di tutte le successive modifiche, di cui si intravvede all’orizzonte un innalzamento alla soglia dei centomila Euro, per quale motivo non estendere questo regime ad una più amplia platea di soggetti, visto che l’evidente ratio della norma, oltre a snellire e semplificare il calcolo delle imposte, è anche quella di semplificare le attività di controllo di soggetti troppo piccoli perché un controllo non automatizzato possa essere di una qualche efficacia? Per farla breve, il professionista che incassa sessantaquattromila euro si e la piccola società in accomandita che fattura le stessa somma no? Ha senso?
Il Decreto Sblocca Cantieri
Passando al Decreto Sblocca Cantieri, come pubblicato in G.U. 92 del 18 aprile 2019 e convertito dalla legge 55/2019, il legislatore ha inserito in un complesso di norme volte a ridefinire le complesse procedure del Codice degli Appalti, una nuova riformulazione dei limiti previsti per la nomina di Organi di controllo nelle società elevando, o meglio raddoppiando, i “vecchi” limiti previsti dalla riforma del Codice della Crisi Aziendale, che risultavano, specialmente nel limite dei 10 dipendenti, assolutamente illogici.
Fermo restando che il mondo politico aveva introdotto questa nuova formulazione dando ad intendere a professionisti ed operatori economici che sarebbe stata l’occasione per riconoscere alla nostra categoria un ruolo di rilievo nel mondo economico ed un coinvolgimento nelle riforme di questo Paese, non sarebbe stato più saggio coinvolgerci in sede di valutazione di quali limiti fossero i più consoni e quali strumenti attivare per prevenire la “crisi” di impresa?
Sempre tornando all’immaginario “tavolo” di confronto con il riformatore, se lo scopo di tale riforma fosse quello di prevenire la crisi di impresa e di attivare una serie di spie che si accendano nel cruscotto della società e non una mera scusa per scaricare sulle nostre polizze professionali i costi di queste crisi, avremmo probabilmente suggerito una serie di modifiche. In primis una serie di misure premiali sia per le aziende che decidessero di dotarsi volontariamente di organi di controllo sia in tema di responsabilità degli amministratori sia in tema, ad esempio, di accertamento delle imposte, armonizzando la sempre più estesa normativa che impone al contribuente che voglia fruire di crediti di imposta o di effettuare compensazioni di imposte di farsi asseverare il credito da un soggetto terzo (come ad esempio tutti i crediti che scaturiscono da dichiarativi fiscali, o il credito Ricerca e Sviluppo di cui al D.L. 145/2013 e successive modifiche). Potremmo quindi immaginare una sorta di “supercontrollore” che vigili sull’imprenditore a tutto tondo, sia per la parte civilistica, che per la parte tributaria.
Avremmo poi suggerito delle linee guida che si armonizzino sulle ridotte dimensioni del contribuente, andando a snellire le voci da sottoporre a controllo e con delle check list licenziate dal Consiglio Nazionale (esattamente come già avviene per le asseverazioni del credito Iva, ad esempio).
Infine delle misure premiali per i professionisti, i quali nel fare questa attività coadiuvano e in un certo senso subentrano a quanto di competenza dell’Amministrazione Finanziaria, fornendo un servizio di utilità pubblica, in cui, se l’Amministrazione Finanziaria ne ricava risparmi di tempi e costi, non si capisce per quale motivo la nostra categoria debba farlo senza averne una qualche forma di beneficio, in primis economico.
Rimane poi inspiegabile come mai il legislatore preveda per i professionisti l’obbligo sempre più esteso di dotarsi di polizze assicurative mentre per la carica di amministratore non preveda le medesime incombenze visto che, in ultima analisi, la Crisi di Impresa scaturisce dall’operato degli amministratori delle imprese, più che da chi le controlla.
Il Decreto Crescita
Il Decreto Crescita, con cui normalmente viene chiamato il decreto legge 34/2019 che a brevissimo dovrà essere convertito in legge dopo i consueti iter parlamentari, pur contenendo delle misure certamente gradite alla nostra categoria, quali la soppressione dell’obbligo di comunicare la proroga del regime della c.d. Cedolare Secca o l’estensione al modello F24 del pagamento di alcune imposte indirette, ha tuttavia lasciato professionisti e imprenditori stupefatti di fronte alla proroga di versamenti e di dichiarazioni ben al di là delle normali proroghe cui siamo abituati, spostando a fine settembre i pagamenti dei soggetti ISA (ma non solo) e al 30 novembre, o meglio il 2 dicembre per la trasmissione telematica dei modelli dichiarativi.
Tale proroga descrive meglio di mille parole l’impatto che la migrazione dai vecchi studi di settore agli isa ha avuto su professionisti ed imprese, impatto che una concertazione con le categorie professionali avrebbe certamente fatto emergere prima che fosse necessario uno slittamento tanto lungo di dichiarazioni e versamenti con tutte le conseguenze in termini di gettito per l’erario ed impatto per i contribuenti.
Immaginiamo quindi come si sarebbe potuto gestire questa migrazione dagli studi di settore (e parametri ovviamente) a questi nuovi strumenti di affidabilità fiscale.
In primis si sarebbe dovuto analizzare il perché del fallimento degli studi di settore come strumento di monitoraggio dell’evasione fiscale: essendo uno strumento volto tramite analisi di tipo statistico ad individuare comportamenti potenzialmente elusivi/evasivi in un numero limitato di contribuenti da sottoporre a un controllo effettivo, non automatizzato tipo 36 bis e ter D.p.r. 600/1973 per intenderci, risulta evidente che, vista la crisi oramai decennale che ha investito il nostro Paese tale strumento non individua più quel 5 o 10 per cento di contribuenti che dichiara menodi quanto ci si aspetterebbe ma ne individua una percentuale talmente ampia da essere di fatto inutile.
Per quale ragione allora non trasformarlo in uno strumento anziché diagnostico di una potenziale evasione, in uno strumento sostanzialmente dichiarativo e alternativo a una dichiarazione analitica dei redditi? Il contribuente raggiunge, tramite lo studio di settore, un accordo per un arco di tempo con l’Amministrazione Finanziaria con il quale dichiarare dei redditi dando all’Agenzia delle Entrate strumenti di verifica del pagamento delle imposte facilissimi da verificare, risparmiando tempi e costi della struttura amministrativa ed avendo per se stesso e per l’Amministrazione Finanziaria un gettito di imposte (o di onere per il contribuente) fisso e prevedibile.
In secundis perché non integrare, come già illustrato prima, le procedure di verifica da parte di soggetti terzi dei vari crediti fiscali con i vari strumenti di analisi di comportamenti non virtuosi da parte del contribuente? Perché non snellire questa pletora di informazioni che piccoli e piccolissimi contribuenti devono trasmettere ad un Fisco che ha già strumenti ben più incisivi per contrastare l’evasione quali accesso pressoché illimitato a dati bancari, fatture emesse e ricevute, schede carburanti, oneri deducibili e detraibili? Quali maggiori informazioni possono derivare dagli ISA più efficaci rispetto a quelle già presenti negli archivi dell’Amministrazione Finanziaria?
Considerazioni
Ciò che più emerge dall’analisi di questi interventi normativi è l’assoluta necessità di un maggior coinvolgimento della nostra categoria professionale alla redazione ed all’applicazione di queste riforme, che risultano essere, ancora una volta, frammentarie, contraddittorie, ondivaghe e che hanno come unico risultato di lasciare contribuenti e professionisti in una alea di incertezza e di dubbio che tutto fa meno che incentivare e stimolare la ripresa e la uscita da questo tunnel di crisi che oramai attanaglia il nostro Paese da un decennio. Il solo augurio è che suono presto la campanella che ponga fine a questo round di riforme prima che la prossima ci metta definitivamente al tappeto.
Da IL COMMERCIALISTA VENETO – NUMERO 249 / 2019 – pp. 19-20